martedì 26 ottobre 2010

Aeroporto giapponese alle prime luci dei neon. Zucchero. Nuda.

I soffitti bassi sono tagliati da bocche d'areazione, le pareti sono divise dalla luce dei neon. Quando un neon sfarfalla, le pareti svaniscono e riappaiono, e quando riappaiono, riportano al colore negozi, duty free, passi in ritardo, avvisi di partenza.
Aeroporto giapponese alle prime luci di una città di sera. Ore 18.15.

Sono la personificazione della testa di un cavallo, viaggio con una testa di cane, ma appaiamo entrambi come esseri umani, tanto bassi da camminare comodi sotto questi soffitti.
Chiediamo biglietti ad un'edicola; l'unica cosa che comprendiamo è l'espressione del volto in camicia dentro il cubicolo. Le parole escono da una bocca intermittente: il caos tra partenze e arrivi è una discoteca e il neon una luce stroboscopica. 
Qualcosa non va, dietro di noi c'è un poliziotto in borghese, o un criminale in divisa, non riusciamo a capire. Spingo sul ripiano tra me ed edicolante una scatola di sigari. La apro e, pescando a caso, sollevo controluce la mia collezione di bustine di zucchero italiane. Ce ne sono di marca, con barzellette, nere di design o colorate d'opere d'arte. L'ultima la lascio sfavillare un po' nell'aria: zucchero di canna, bustina trasparente, sigillata con cucitura a punti.
Facciamo lo scambio e otteniamo i biglietti. 

Ora siamo seduti su sgabelli rotondi, intorno ad un tavolino beige. Il bar è una mezzaluna aperta sul corridoio, dove i clienti vengono serviti da una cameriera rosa, quarantenne, americana, anni 50.
Sollevo il frappè, ma una mano sulla spalla mi trattiene. Non è in borghese.

Un ascensore dopo, siamo al piano di sopra. La stanza è finta come lo spaccato dell'appartamento di una Barbie. Un animale dalla testa di polipo e le zampe aguzze come tentacoli inamidati, trafigge i tappeti mentre zampetta dappertutto. Il proprietario è un malavitoso locale che mi propone di organizzare un traffico di donne tra Italia e Giappone. Mi sorride con i suoi occhiali da neon.
Per sottolineare la serietà dell'affare, fa apparire sulla scena una donna magra, parrucca gialla, profilo di grafite. Lo ha tradito, ed ora le tocca una punizione. La fa spogliare fino a restare con un paio di guanti neri e un paio di stivaletti di pelo bianco. 
Verrà con me svestita così; useremo un jet privato. 
In Italia non potrà indossare nulla e quando (non "se", "quando") verrà arrestata e liberata, mi garantisce che comprenderò fino a dove si estende la sua influenza.

venerdì 22 ottobre 2010

Una via di Milano, con portici. Notte. Aspetto in macchina con D. Bussano al finestrino. Dobbiamo scendere, sta succedendo un casino. Di che genere? Del genere che gli altri sono coinvolti in una rissa/sono stati fatti prigionieri/sono feriti. Allora scendiamo in un sottoscala per entrare in un bar improvvisato, che non è un bar, è una saletta improvvisata, con panche di legno, un tavolone, un biliardo. Tutti zitti, poche persone. Ci sediamo, faccio finta di niente. Mi rimane il dubbio che questi hanno capito cosa sono venuto a fare. Non lo so nemmeno io cosa sono venuto a fare. Non so se ordinare da bere. Arriva subito una donna che ci chiede da bere. Chiedo l'elenco delle birre. Ne hanno una svedese, la prendo.
Capisco che qualunque mossa è quella sbagliata e potremmo essere coinvolti in una rissa/essere fatti prigionieri/essere feriti. Infatti si presenta uno che mi dice qualcosa, io mi alzo e inizio a fare la solita manfrina "hai qualche problema no dillo se hai qualche problema" e tutto intorno c'è tanfo e atmosfera di qualcosa di pesante che può finire male.

domenica 17 ottobre 2010

Stalattiti di panna acida

Casatenovo, Eman mi prende per mano in una casa che non è la sua ma posizionata nella via dei cani allo stesso posto della sua. Usciamo, nudi, vorremmo fare sesso per strada ma la prospettiva di scartavetrarci schiene e fianchi ci fa tornare sui nostri passi e ci convince a usare un letto alto con un materasso a fiori. Non abbiamo ancora iniziato la danza amorosa che subito veniamo interrotti da qualcuno che arriva, è il figlio di un'amica che abita nel Canavese, con una bottiglia di Erbaluce in mano. E' l'inizio di un flusso continuo di gente, la stanza si affolla fino a trasformarsi nel bar del cappuccino-brioche al cioccolato con gelatina di frutta. Inizio a montare della panna, un litro, due, l'assaggio e mi sembra acida, la panna si trasforma in lapilli di grasso bianco-acido e in un attimo stalattiti perlacee arredano il soffitto del bar. Io saluto tutti, si è fatto tardi, recupero il borsone, devo andare a nuotare a Nibionno.

lunedì 11 ottobre 2010

Città nera decade

Nuvole nere o notte, non vi presto nemmeno attenzione. Sto cercando casa in affitto in una città fuligginosa, dalle case aderenti e ammassate come scatole di cartone bagnate. Salgo per scale anti-incendio cigolanti che non terminano mai e trovo una stanza da una nonna con foulard sui capelli impolverati.
La prendo, costa poco.

domenica 10 ottobre 2010

Tornado dribbling trekking

Bosco verde temporale. Io e Monica abbiamo raggiunto una radura, una partenza da trekking, ognuno con la propria macchina. Ci guardiamo, mani in tasca, poi salgo sulla Clio e scalo marce verso una salita.
Percorro poche centinaia di metri, freno, sterzo, spengo. Quattro amici di vecchia data, raggruppati e anonimi come un poker di fanti, mi avvertono con ciglia aggrottate che dei vortici neri risalgono la vallata. Mi volto e li vedo: magri tornado di fuliggine che trottolano tra gli abeti.
Monica! E' rimasta alla radura! Dimentico la macchina e dribblo i tornado come un centravanti alla finale tra tempesta e uragano.
Tutto cambia.
L'auto è svanita, lo sterrato è una mulattiera, il sole accalda una folla di trekker. Torno indietro, risalgo il sentiero, diretto verso un'apertura: è un atrio d'attesa, con gente in coda e ascensori che riportano a casa, dalla montagna al parcheggio a fondo valle.
Metto piede sull'ultima roccia prima degli ascensori e mi accorgo di non avere il portafogli. "Monica, aspettami!" e di nuovo mi volto, di nuovo scendo, di nuovo dribblo, stavolta grassoni con camicia di flanella e donnoni con caviglie alla zuava.
Un invalido simile a un personaggio di Magnus mi fissa dalla sua carrozzella scrostata. E' stato lui, sono sicuro! Lo scuoto e lo capotto. La botta sulle rocce gli apre la pancia di gommapiuma e il contenuto s'ammonticchia sul sentiero: monete d'oro e statuette e orologi e piccoli tesori.
Mi riprendo il portafogli e me ne vado. Ovvìa! Agli ascensori, da Monica!

sabato 9 ottobre 2010

Morti in 3D, piselli smorti.

Il tavolo è rettangolare. Sono seduto ad uno dei lati più lunghi, al centro; mangio e sposto lo sguardo dal piatto, coperto di piselli, al muro, coperto da una smorta carta da parati.
I miei genitori sono svaccati su sedie di legno, lungo uno di lati più corti del tavolo e ridono verso una piccola tv. Tra i due è seduto un mio amico: Os. oppure Sz., non è chiaro (forse entrambi fusi in un solo individuo).

Dentro il veramente piccolo schermo Mike Bongiorno è ancora vivo e accoglie deluso una campionessa di quiz ormai invecchiata. Mike sbotta in una finta gaffe: "La signora ha passato i 60 anni da più di 20 anni!". Tra un pisello e l'altro sommo e la ottengo quasi novantenne.
Parte una simulazione 3D renderizzata. Il volto della sciura nei suoi 60 anni, già scavato dal repetita di una vita quotidiana sempre uguale, viene invecchiato digitalmente. I capelli a caschetto, già tinti, già finti, arretrano, desertificano, diradano, precipitano. Ciò che rimane è quasi teschio.
Dietro a Mike appare la sciura, ancora più a 90 degli 80, con un caschetto di capelli a sorpresa, ancora più finti dei 60. Per mano la accompagna un nipote guida dal pelo rado.
Mi alzo dal tavolo, ancora più distaccato della prima cucchiaiata di piselli. Basta, me ne vado.

Ciottoli e borbottii in centro Napoli

Il mio profilo sta pedalando nel centro di una Napoli illuminata a giorno, ma non è detto che sia giorno o che ci sia una differenza tra giorno e notte. Sto scontando il mio periodo di Servizio Civile e la bicicletta è quella del cuore, quella di Empoli, della Misericordia.
Sotto le ruote: ciottoli.
In piazza: una donna curva come un covone borbotta qualcosa.

martedì 5 ottobre 2010

Sto guidando con accanto A. per colline brianzole. Arrivati a uno scollinamento, si apre, oltre il parcheggio di un ristorante, la vista su fantasiose prealpi con insoliti picchi e coni montagnosi. A entrambi viene voglia di scattare qualche foto. Nel parcheggiare l'auto però mi accorgo di essere entrato in un'aiuola fiorita, forse un roseto. Scendo, impacchetto l'auto e la trascino fuori dall'erba, come un trolley. Nel farlo non mi accorgo che le rose crescono alte e vado a strisciarvi involontariamente il volto: ma anziché riportare graffi di spine, un occhio si riempie di polline giallo. A. mi guarda incuriosita. Mi sveglio.