sabato 22 ottobre 2011

Seguo una gara ciclistica in un imprecisato paesino della Bassa. La gara è a intensità ridotta, cioè passa un ciclista ogni tanto, seguendo percorsi anche accidentati, come passaggi sotto i portici e marciapiedi collegati da gradini. Mi fermo a fare la spesa in un minuscolo supermercato dalle dimensioni di negozietto multifunzionale di paese, ma con ben tre casse a nastro e relative cassiere. Scelgo la cassa con la cassiera più carina e per qualche motivo mi ritrovo a parlarle come se la stessi corteggiando. Lei decide di prendere una pausa e ci mettiamo a chiacchierare fuori del negozio. Parliamo della vita in paese e del più e del meno. Le dico che io vengo da fuori, e da sufficientemente lontano per non passare più di lì, per lo meno non di proposito. Sembra dispiaciuta. Poco più in là avviene una rapina in una grande banca/centro commerciale. Vado a cercare il detective incaricato delle indagini perché sa che ho alcune cose da dirgli. Una guardia all'ingresso della banca mi ferma e mi dice che il detective non c'è. Io gli dico che quando torna mi può trovare in piazza, all'angolo davanti al supermercato. È notte. Poi è mattina: la vicenda della rapina è durata tutta la notte, il mio orologio segna le 9:30. Ma quando arrivo in piazza scopro che è ancora notte, il supermercato è chiuso, non c'è nessuno per le vie e mi tocca aspettare tutta la notte. Suona una campana, io conto i rintocchi: 11 e mezzo. Mi ricordo di avere una camera di albergo, lì dietro, allora salgo, la camera è in condizioni pessime. Poco dopo arriva una ragazza con le chiavi della camera, dice che lei stava lì fino al giorno prima ma che ha ancora bisogno di un posto. Per me non ci sono problemi, si può dividere. Fuori è giorno, ma è domenica. Significa supermercato chiuso. Vorrei rivedere la cassiera ma non so come fare e sto simpatizzando con la ragazza della camera d'albergo quindi forse, concludo, vale la pena abbandonare l'idea di provarci con due ragazze e scegliere invece quella effettivamente disponibile al momento.

mercoledì 12 ottobre 2011

Entro con una ragazza in un negozio di abbigliamento. Lei sceglie per me una tuta sportiva completa, una maglia, una camicia, pantaloni e scarpe eleganti e un cappello. Per provare il tutto, si deve scendere al piano di sotto dove hanno organizzato due distinti sportelli a cui fare la coda per mostrare i capi che si intende provare, ricevere biglietti numerati relativi ai suddetti capi, iscriverli a registro, fare una seconda coda per il camerino, provare gli abiti e qui mi perdo perché non so bene cosa accade se un abito è troppo largo o stretto e quindi ne bisognerebbe provare un altro non registrato, per stare sicuri. Mi ritrovo da solo a provare la tuta, che è di almeno due misure più larga, e la maglia, che mi stringe pazzescamente il collo e il torace e mi fa sembrare deforme. Non c'è traccia della ragazza che mi accompagnava. Era così entusiasta.

lunedì 3 ottobre 2011

C'è una nuova strada a M. dietro la collina, ma è come se fosse lì da sempre. Io non ci ero mai passato in autobus, eppure adesso ci passa uno snodabile, nonostante la strada sia piena di curve, di salite impervie e sia stretta tra due rive trattenute da muretti in pietra e mattoni. La pavimentazione risale agli antichi romani. Plausibile. Ma è in così ottimo stato che per lo meno devono averla restaurata. Così mi spiego anche il fatto che non conoscevo quella strada, perché forse prima era molto diversa. Mi alzo e mi preparo a scendere alla fermata successiva, come altri passeggeri. L'autobus però si allontana dalla collina e continua verso paesi ignoti, pur essendo una linea locale. Io non so nemmeno dove dovrebbe essere la mia fermata, pensavo che coincidesse con il capolinea. Eppure ora ci siamo immessi su una strada provinciale dritta e trafficata, a destra ci sono i campi, a sinistra inizia una cittadina di ville e villette di secoli passati, cintata da un canale. È tutto molto bello, ma sconosciuto, e l'autobus non accenna a fermarsi.

sabato 1 ottobre 2011

Razzi perenni verso Marte

Guardo dal finestrino del pullman e vedo un complesso di razzi che scorrono lenti, in parallasse tra i grattacieli. Vapore già scorre lungo le bandiere inchiodate al metallo. Tutto il pullman guarda, in attesa della partenza dell'uomo per Marte.
Ehi! Fermo!
Qualcuno mi ha rubato le scarpe. Scendo e grido al ragazzino Dickensiano, che corre lungo una via della città.
Respiro. E' una città rossastra costruita su caste. Tra edifici di mattoni e i grattacieli inarrivabili, i cittadini rotolano come biglie, mentre le cravatte li guardano dagli attici, in controluce con un tramonto perenne.
Ora sono a casa di mia nonna, al piano terra di una casetta di, appunto, mattoni. Il tavolo rotondo e coperto da una tovaglia semplice.
I razzi puntati verso Marte sono onnipresenti: le piccole finestre de salotto ne sono sature.
Guardo fuori e attendo con il resto della metropoli.
Mi sono iscritto alle superiori ma non so bene che scuola sia. So solo che si trova al quinto e sesto piano di un palazzo di città. Parlo con un tizio e una tizia. Sono le dieci di mattina ed è - quindi - l'ora dell'intervallo. Essendo nuovo e al mio primo giorno non so dove andare né cosa fare, quindi lo dico a tizio e tizia e mi aggrego a loro. Ma come non sai cosa fare, mi chiedono. No, rispondo, perché da noi si faceva diversamente. Allora entriamo in un ascensore. Dico: ...ad esempio noi non avevamo l'ascensore. E la cosa sembra stupire tizia che mi chiede da che razza di scuola vengo. Le rispondo che vengo dalla provincia. Tizio preme il pulsante T dell'ascensore e io noto che gli unici pulsanti disponibili sono 6, 5 e T. Chiedo come mai. Rispondono (sempre più stupiti) che agli alunni non è concesso fermarsi ai piani che non appartengono alla scuola. Io ribadisco che da me le scuole non stanno nei palazzi e dalla strada le puoi persino vedere tutte per intero, perché in genere hanno solo uno o due piani, sono più lunghe che alte e hanno il giardino. L'ascensore scende e dopo un po' inizia pure a procedere in orizzontale, come una mini-metropolitana. Tizio e tizia mi chiedono cosa comprerò per merenda. Per non fare la figura del provinciale mi astengo (ma vorrei tanto) dall'adeguarmi e chiedere prima cosa compreranno loro; io vorrei del pane al burro ma mi viene il dubbio che lì da loro non si usi; allora penso a una più semplice focaccia, ma temo che potrebbe farmi venire sete. In quel momento si aprono le porte, tizia mi prende per la mano e io provo immediatamente la sensazione che con questa tizia mi ci vorrei proprio fidanzare.
Non so come ma sto partecipando a una gara ciclistica. Sto salendo agevolmente in collina nonostante la forte pendenza. Passo un bivio non segnato da alcuna indicazione circa il percorso e mi domando come facciano (gli altri ciclisti) a capire da che parte proseguire. La salita procede a strappi di pendenza variabile, l'ultimo dei quali è ripidissimo e ne vedo la prosecuzione in lontananza, come se la strada serpeggiasse sul crinale di una collina, e lontano vedo ripetersi uno strappo gemello, esattamente uguale, a creare uno strano effetto di ripetizione, come se fosse la stessa identica salita clonata otticamente. Decido di fare una foto, ma per ottenere la giusta prospettiva devo scattarla stando in mezzo alla strada e non posso farlo essendo un continuo passare di pullman granturismo che arrivano, scaricano turisti e ripartono.

sabato 9 luglio 2011

Dove ho lasciato la macchina?

Dopo una sera al bar, con gente confusa che perde cappotti, va a fumare in massa lasciandomi solo, e crolla dopo non avere bevuto alcol, mi trovo a cercare la mia auto.
Gli unici rumori escono ubriachi dai bar; qualche risata, un bicchiere che si rompe. Vago con O. per strade in discesa e parcheggi affollati.
Sparo con il telecomando per rintracciare l'auto a distanza. Riesco ad aprire tre Ford Fiesta e percorrere decine di vicoli e stradine prima di arrivare a una festa che si tiene in due tempi.
E' notte, ma è anche giorno.
E' l'ultimo giorno di oratorio feriale, ma è anche un matrimonio.
La sposa parla al microfono radunando i ragazzi per il prossimo gioco di gruppo.
Nel parcheggio dell'oratorio/chiesa ci sono alcuni brianzoli uomini duri che stanno per rimorchiare via un'auto parcheggiata male; c'è anche il mio meccanico di fiducia. Cerco di farmi dare una mano, ma è troppo allegro d'alcol per ascoltarmi. Riesce a suggerirmi di vagare con telecomando in mano (già lo faccio, meccanico) e tentare la sorte.
Nel dormiveglia sono indeciso se alterare il sogno per trovare l'auto, o se arrendermi e chiedere un passaggio.